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oretti bradipo

L’artrosi o osteoartrosi è una malattia cronica degenerativa delle articolazioni, che si forma con un meccanismo complesso, dovuto a modificazioni di tipo metabolico e cellulare con fenomeni di tipo infiammatorio, che portano alla lesione della cartilagine e delle altre strutture articolari.

E’ una delle malattie più antiche e la più frequente patologia articolare; a 40 anni quasi tutte le persone mostrano dei segni di alterazione patologica delle articolazioni sottoposte ad un carico, anche se solo in pochi accusano dei sintomi. Si sono riscontrati segni di artrosi in quasi tutti i vertebrati, quali anfibi, rettili, mammiferi, compresi gli animali che vivono nell’acqua, come pesci, balene e delfini, in animali antichi quali dinosauri, mammut, orsi, ma non si sono trovate alterazioni nei pipistrelli e bradipi che vivono con il corpo sospeso e capovolto. La posizione assunta da questi ultimi, fa sì che lo scheletro subisca una prolungata trazione con conseguente annullamento della pressione, dovuta al carico del peso, sulle articolazioni. Per questo motivo si è ipotizzato che l’artrosi, almeno in parte, potesse essere dovuta ad un antico meccanismo di riparazione e rimodellamento delle ossa, soggette alla forza della gravità terrestre.

COM’È FATTA L’ARTICOLAZIONE?

Le articolazioni di tipo mobile sono avvolte e protette da un tessuto resistente, chiamato capsula articolare che è tappezzata sulla parte interna da un tessuto, molto vascolarizzato, chiamato membrana sinoviale o sinovia. La sinovia avvolge le superfici delle ossa, dei tendini e dei legamenti intra-articolari e  produce un liquido detto sinoviale, ricco di nutrienti, con azione lubrificante ed ammortizzante,  composto da acqua, acido ialuronico, glicoproteine. I capi ossei all’interno dell’articolazione sono ricoperti dalla cartilagine, che rende liscia la superfice dell’osso.

La cartilagine è un tipo di tessuto detto connettivo, non vascolarizzato (cioè non ha vasi sanguigni), nè innervato. E’ composta principalmente da:

- acqua              (65-80%)

- collagene         (10-30%), che sono proteine fibrose

- proteoglicani  (5-10%), che sono catene di gliocosaminoglicani  (composti di carboidrati) associati a proteine, che si possono aggregare all’acido ialuronico, formando dei composti, che hanno l’importante capacità di legare le molecole d’acqua conferendo resistenza meccanica alla cartilagine. I glicosaminoglicani presenti nella cartilagine sono il condroitinsolfato, il cheratansolfato e l’acido ialurunico.

- condrociti      (2-10%), che sono le cellule della cartilagine che producono collagene, proteoglicani, acido ialuronico e proteine minori

- acido ialuronico e altre proteine non collageniche e piccole quantità di grassi.

La cartilagine con la membrana ed il liquido sinoviale costituiscono una vera e propria unità anatomica e funzionale, in cui possono scorrere agevolmente i capi articolari e che normalmente non si logora con un uso anche intenso o un trauma non troppo grave, perché resistente alla pressione e con funzione di   ammortizzamento.

Perché l’articolazione possa funzionare al meglio è importante che la cartilagine sia bene idratata e possa assorbire i nutrienti. Questo è possibile grazie ai meccanismi di compressione e di rilascio, dovuti al movimento e al  peso del corpo, che provocano uno spostamento di liquidi tra la cartilagine e lo spazio articolare e i capillari.

QUALI SONO LE CAUSE DELL’ARTROSI?   

Sicuramente c’è uno stretto rapporto tra lo sviluppo dell’artrosi e l’avanzare dell’età, ma l’età è un fattore di rischio e non la causa diretta dell’artrosi: non solo non tutti gli anziani sono affetti da artrosi, ma si sono trovate delle differenze di composizione tra la cartilagine senile e quella artrosica. Il fattore età è importante perché con il passare degli anni, aumenta il tempo di esposizione ai vari fattori di rischio; alcuni di questi però possono essere modificati (ad esempio l’obesità o certi tipi di attività).

Si parla di artrosi primaria, o idiopatica, quando non ci sono delle cause certe, anche se si è riscontrata una certa familiarità, con predisposizioni genetiche. L’artrosi primaria si manifesta prevalentemente in forma generalizzata, cioè diffusa a tre o più articolazioni. Esiste però anche l’artrosi secondaria, con lesioni per lo più localizzate, che possono cioè riguardare anche una sola articolazione e che può colpire anche le persone giovani.

L’artrosi secondaria è conseguente ad una disfunzione dell’articolazione a causa di un grave trauma o per piccoli traumatismi ripetuti, quali si riscontrano nell’artrosi occupazionale, cioè da attività lavorativa, o in quella da attività  sportiva, ad esempio per l’uso di strumenti vibranti o manovre ripetitive sotto carico o in posizioni non fisiologiche.

L’artrosi secondaria può essere anche dovuta all’obesità, che colpisce in particolare le articolazioni portanti, quali le ginocchia e la colonna lombare, e che è spesso associata anche a malattie metaboliche, quali il diabete e dislipidemia o malattie endocrine quali l’ipotiroidismo, che già di per sé possono favorire la degenerazione articolare. Oppure può formarsi su anomalie articolari genetiche o congenite, ad es. nella displasia dell’anca o per malattie neurologiche o in altra situazione in cui c’è un cattivo allineamento dei capi articolari che determina una distribuzione del carico sulle superfici non omogenea, o per esiti di malattie infettive.

Per quanto riguarda invece il clima, non è responsabile della formazione dell’artrosi, ma il freddo, l’umidità e il vento possono aggravare i sintomi, mentre i climi caldi e secchi hanno un’influenza benefica su di essi.

COME SI FORMA L’ARTROSI?                             

Le sollecitazioni che alterano la struttura della cartilagine, con conseguente reazione infiammatoria ed immunitaria, sono i meccanismi fondamentali con cui si sviluppa l’artrosi.

Il complesso delle fibre di collagene e dei proteoglicani è responsabile della stabilità del tessuto cartilagineo articolare e una sua variazione porta ad assottigliamento della cartilagine con formazione di fissurazioni e ulcerazioni.

Ai condrociti arrivano, e dai condrociti partono, messaggi di tipo immunologico con successivo processo di riparazione o di degradazione della cartilagine. In questo meccanismo, un ruolo importante sembrano averlo le citochine, delle  proteine che portano segnali di comunicazione tra i vari tessuti e sistema immunitario.

In un primo momento i condrociti incrementano la produzione di proteoglicani e collagene, con conseguente aumento della formazione del tessuto cartilagineo e ispessimento della cartilagine (fase di osteoartrosi compensata). 

Successivamente però si verificano alterazioni biochimiche della cartilagine, con  perdita di proteoglicani, diminuzione della capacità di ammortizzamento e conseguente aumento di compressione sull’osseo nella zona sotto la cartilagine, detta giunzione osteocondrale o subcondrale. Nel tentativo di contrastare le sollecitazioni, aumenta la produzione di tessuto osseo, che però ha delle caratteristiche diverse dall’osso normale: è più compatto, rigido e meno elastico e di conseguenza va incontro a microfratture, seguite poi da formazione di callo osseo riparativo e da altre microfratture.

Le disfunzione dei condrociti e dell’osso subcondrale, provocano un aumento delle citochine, che inibiscono l’attività dei condrociti stessi, con attivazione di enzimi, quali le metalloproteasi, che degradano le proteine con conseguente distruzione dei tessuti e rilascio di frammenti di cartilagine. Questi detriti  vengono quindi fagocitati (cioè catturati ed eliminati) dalle cellule della membrana sinoviale, con una conseguente reazione infiammatoria della membrana, accompagnata da ulteriore rilascio di citochine e amplificazione delle lesioni.

I due meccanismi più importanti per la formazione dell’artrosi sono perciò, da una parte, le alterazioni di tipo distruttivo quali fissurazioni ed erosioni della cartilagine che rendono sempre più visibile l’osso esposto, la riduzione dello spazio fra i capi ossei per la perdita della cartilagine e la formazione di cavità geodiche o pseudocistiche (erosioni tipo buchi); dall’altra parte, avviene un tentativo di riparazione abnorme, con formazione di escrescenze e speroni di tessuto osseo misto a tessuto fibrocartilagineo, dette osteofiti, deformazioni ossee esuberanti, infiammazione e fibrosi della membrana sinoviale, alterazioni della capsula.

dottore artrosi

La diagnosi la pone il medico dopo un attento colloquio con il paziente (anamnesi), un’accurata visita (esame obiettivo) e l’eventuale prescrizione di indagini di approfondimento, quali radiografie ed esami ematochimici (per lo più negativi). L’osteoartrosi deve essere distinta da altre patologie reumatiche e soprattutto nella forma secondaria va ricercata con attenzione la causa.

Le radiografie possono mostrare la riduzione dello spazio articolare (i capi ossei sono più vicini), l’aumento di densità dell’osso subcondrale, eventuali formazioni ossee esuberanti, quali osteofiti, oppure erosioni, geodi o cavità pseudocistiche.

Non è raro che nelle radiografie vengano trovare delle lesioni, anche importanti, senza che ci siano sintomi rilevanti, specie a carico della colonna vertebrale. Oppure al contrario, con radiografie senza gravi alterazioni, ci può essere importante dolore e difficoltà nel movimento: in questo caso le strutture interessate potrebbero essere tendini, muscoli, nervi, che sono tessuti che non si riescono a vedere con le radiografie e che eventualmente possono essere indagati con altri metodi, quali ad es. l’ecografia o la risonanza magnetica.

COME SI MANIFESTA L’ARTOSI?

Il dolore, la diminuzione della mobilità articolare e la rigidità, soprattutto al mattino appena svegli, sono i principali sintomi riferiti.

Il dolore all’inizio compare saltuariamente dopo un’attività fisica prolungata. E’ riferito soprattutto di giorno, all’inizio del movimento, si aggrava con il carico (cioè in piedi o sotto sforzo) e migliora con il riposo. E’ accompagnato da una modesta rigidità mattutina che dura in genere meno di 15 minuti e che migliora con il movimento.  Dopo un periodo di immobilizzazione prolungata, può comparire anche sensazione di debolezza e cedimento, se sono interessate le anche o le ginocchia.

Se l’artrosi è in una fase d’infiammazione, il dolore cambia un po’ le caratteristiche: insorge prevalentemente di notte, è presente anche a riposo ed è accompagnato da un’importante rigidità mattutina con durata maggiore di un’ora; sono interessati anche i tessuti periarticolari.

Il dolore è dovuto alla stimolazione dei recettori del dolore, detti nocicettori, per uno stress meccanico, tipo compressione o tensione, e per la presenza di sostanze che provocano dolore. I nocicettori sono presenti sulla capsula e legamenti, sull’osso subcondrale (a livello del periostio ed endostio), sulle fasce muscolari e vasi sanguigni. Non sono invece presenti i nocicettori sulla membrana sinoviale, cartilagine articolare, dischi intervertebrali e menischi.

Il dolore quindi può essere dovuto ad origine muscolare, per aumento della pressione a livello dell’osso subcondrale, per stiramento di tendini, legamenti e capsula, per infiammazione sinoviale.

Con il tempo la mobilità articolare diminuisce, quindi i movimenti sono sempre più difficoltosi, possono comparire sensazioni di scroscio e crepitazione, le articolazioni si rigonfiano e vanno incontro a deformazione.

DOVE COLPISCE L’ARTROSI?

A seconda delle sedi colpite possono insorgere specifiche problematiche e complicanze.  Le localizzazioni più frequenti sono: il tratto della colonna (o detto anche rachide) vertebrale cervicale e lombare, quindi le ginocchia, le anche, le mani e i piedi.    

Rachide vertebrale (spondilo-disco artrosi)

Il tratto più colpito è quello tra la quinta e la sesta vertebra cervicale (C5-C6). Se sono alterati i corpi vertebrali si parla di spondilosi, se sono interessati anche i dischi vertebrali, di spondilo-discoartrosi. Con l’avanzare dell’artrosi può comparire una progressiva rigidità della colonna, con difficoltà a flettersi. Nei casi più avanzati si può andare incontro anche al restringimento (stenosi) del canale midollare, con comparsa, nelle situazioni più gravi, di una patologia che può portare a perdita della forza e sensazione di pesantezza degli arti, con progressiva disabilità, la mielopatia spondilogena cervicale, che può necessitare del neurochirurgo.

Ginocchio (gonartosi)

E’ una delle sedi corporee più colpite perché sostiene la maggior parte del peso corporeo, compare quindi soprattutto nell’obesità o nei casi di artrosi secondaria per un cattivo allineamento dei capi ossei, con deviazione in varismo (gambe a parentesi) o in valgismo (gambe a L).

Il dolore al ginocchio (gonalgia) diventa progressivamente invalidante ed il cammino è sempre più limitato perché la persona cercherà di appoggiare il meno possibile l’arto a terra, con possibile zoppìa per “fuggire” dal dolore (zoppìa di fuga). Si fa  fatica a sedersi e ad alzarsi dalla sedia, soprattutto se la seduta è bassa. Il ginocchio va incontro a tumefazione e deformazioni, il movimento dell’articolazione diviene sempre più limitato, con possibile blocco. In caso di lesione dei legamenti, l’articolazione non è più stabile e compaiono movimenti non naturali, ad esempio lateralmente indicati come lassità in varo-vago.   

Anca (coxartosi)

Colpisce soprattutto le persone oltre i sessanta anni, ma può insorgere anche prima nelle forme secondarie ad esempio a malformazioni, quali la displasia dell’anca, che è più frequente nelle donne, o per certe attività sportive intense.

Nella coxartrosi compare un dolore progressivo all’anca (coxalgia) e all’inguine, che può irradiarsi alla parte interna della coscia verso il ginocchio. Come per l’artrosi del ginocchio, anche per quella dell’anca, con il tempo il dolore può diventare invalidante, con difficoltà di camminare e possibile zoppìa di fuga. Si riduce anche la mobilità, soprattutto la rotazione interna (che si esegue portando il piede verso l’interno) ma successivamente anche la rotazione esterna, con difficoltà ad indossare le calze.

Mani

Colpisce soprattutto le donne in menopausa e sembra sia correlata a fattori ereditari. L’articolazione più frequentemente colpita è quella alla base del primo dito (pollice) detta articolazione trapezio-metacarpale, che prende il nome di rizoartosi; è presente notevole dolore e difficoltà nell’eseguire le attività che richiedono la funzione di pinza con il pollice (afferrare un oggetto tra il pollice e l’indice. Possono essere colpite anche le articolazioni delle dita, che dolenti, aumentano di volume e diventano nodose per la formazione dei noduli di Heberden, a livello delle articolazioni interfalangee distali (l’articolazione vicina all’unghia), o per la formazione dei noduli di Bouchard, che colpiscono le articolazioni interfalangee prossimali (quelle vicine alle distali). La mobilità diminuisce e le dita diventano rigide.  

Piedi

L’artrosi del piede è accompagnata da dolore e deformazioni delle dita che diventano progressivamente sempre più rigide, fino anche a bloccarsi del tutto. Più frequentemente è interessata l’articolazione alla base dell’alluce, detta  articolazione metatarso-falangea, con comparsa dell’alluce valgo, ma possono esserci deformazione di tutte le altre dita.

oretti panda

Indifferentemente dal tipo di cura che deciderete di intraprendere, ci sono quattro indicazioni importanti da seguire:

1) RIDURRE IL SOVRAPPESO

Un buon inizio è sicuramente ridurre il sovrappeso, soprattutto per salvaguardare la colonna e gli arti inferiori, perché l’alto carico sulle articolazioni favorisce lo sviluppo dell’artrosi. Ma ridurre il peso non è sempre facile, in particolare dopo la menopausa, per cui è meglio farsi seguire e sostenere da un professionista esperto, che dovrà anche valutare se ci sono delle altre problematiche associate (ad esempio, anche se non è il diretto responsabile, l’ipotiroidismo può contribuire al sovrappeso). Spesso non è solo la quantità di cibo ingerito il problema, ma cosa si mangia e come e quando. Ad esempio la cena non dovrebbe mai essere abbondante, né consumata troppo tardi perchè il corpo in quel momento non ha bisogno di energie, che quindi non consumate, aumentano i depositi di grasso; inoltre alla notte l’organismo dovrebbe riposare per poter rigenerarsi e ricaricarsi, cosa che è difficile se è impegnato a digerire una cena abbondante o troppo ricca.

Il sovrappeso, soprattutto se c’è una vera e propria obesità, rende più difficile l’attività motoria e la sedentarietà aggrava l’artrosi, con aumento del dolore e ulteriore ostacolo all’attività, e quindi con l’instaurarsi di un circolo vizioso.

 2) IL RIPOSO, TUTORI E AUSILI

Durante il giorno è importante far riposare le articolazioni, ad esempio per le problematiche delle ginocchia e delle anche, distendendosi a metà giornata, in modo da ridurre il carico e permettere la reidratazione delle cartilagini. Per scaricare le articolazioni è anche possibile usare un tutore o un ausilio.  

Se il dolore è importante o c’è bisogno di mantenere a riposo una certa articolazione, è possibile usare un tutore, che si può trovare già predisposto o può essere confezionato su misura, in vari tipi di materiale. Ad esempio per la rizoatrosi si possono usare dei tutori che limitano i movimenti del pollice durante le attività, con riduzione del dolore e possibilità di eseguire attività della vita quotidiana che altrimenti sarebbero molto difficoltose. Per l’artrosi del ginocchio avanzata si possono usare le ginocchiere articolate che limitano i movimenti non naturali del ginocchio e danno un po’ di sollievo all’articolazione; è da ricordare però che se portati a lungo indeboliscono la muscolatura e quindi possono peggiorare la situazione. Lo stesso discorso è valido per i corsetti e busti ortopedici, dovrebbero essere usati solo al bisogno e per brevi periodi, altrimenti portano ad aumento della rigidità della colonna e aggravano la debolezza muscolare. I tutori e corsetti vanno prescritti dal medico e acquistati in un negozio di presidi sanitari, oppure costruiti su misura da un tecnico ortopedico o da un terapista occupazionale o fisioterapista.

Chi ha problemi alle anche o alle ginocchia deve inoltre evitare di sedersi su sedie troppo basse o poltrone troppo morbide, così se il WC in casa è troppo basso rispetto all’altezza della persona, si può usare un rialzo per il WC acquistabile nei negozi che vendono accessori per il bagno o presidi sanitari. 

Se la deambulazione è diventata dolorosa ed è sempre più difficile, è fortemente consigliato l’uso di ausili, quali il bastone, le stampelle o nei casi più avanzati, il deambulatore. Purtroppo molte persone, soprattutto di una certa età, provano vergogna ad usare questi utili ausili quando devono uscire da casa, e così si sforzano di camminare in strada, con dolore, rischio di cadute e oltretutto aggravando sempre più la situazione, oppure finendo per non uscire più di casa. In questi casi vanno sostenute psicologicamente e possibilmente aiutate da un fisioterapista ad usare in modo corretto gli ausili.

3) L’ATTIVITA’ MOTORIA

Se da un lato un’attività troppo intensa è dannosa per le articolazioni, l’immobilizzazione aggrava l’artrosi: la cartilagine articolare tende ad atrofizzarsi, la muscolatura va incontro ad ipotrofia (cioè diminuisce di volume con perdita di forza) e ne risentono anche tendini e legamenti. Si è concordi quindi nel consigliare un’attività fisica moderata e continuativa, perchè utile a mantenere lo stato di nutrizione e la lubrificazione articolare, il trofismo e la forza muscolare, e la mobilità delle articolazioni.

E’ importante, quando si fanno degli esercizi, eseguirli lentamente, con cura, dolcemente. L’ideale è seguire qualche corso di gruppo o delle sedute individuali, in cui un operatore esperto, valuta quali siano gli esercizi migliori per la persona e verifichi che l’esecuzione sia corretta.  Fermo restando questo discorso, di seguito vengono date alcune indicazioni per degli esercizi semplici per mantenere la mobilità.

Per vincere la rigidità mattutina, in particolare per gli arti inferiori, ed iniziare bene la giornata, prima di alzarsi mentre si è ancora a letto, si possono fare dei semplici esercizi per aiutare le articolazioni. Si può cominciare da distesi, facendo dei piccoli movimenti con le dita dei piedi e poi delle rotazioni con le caviglie, quindi, facendo strisciare il piede sul letto, senza sforzare, si può cercare di portare il ginocchio verso il petto, una gamba alla volta, alternando le due gambe. Sempre con la gamba flessa, si può prendere il ginocchio e si possono eseguire delle piccoli rotazioni, per mobilizzare l’anca.

Per combattere la rigidità e il dolore del collo, da seduti, si cerca di allineare correttamente il capo, ad esempio immaginando di avere un filo al centro sopra la testa, che ci tira verso l’alto sostenendoci, il mento non va alzato in avanti, ma dovrebbe essere portato all’indietro senza abbassarlo, le spalle vanno rilasciate. In questa posizione si fanno alcuni respiri tranquilli, concentrandosi soprattutto sull’espirazione, quindi prima di cominciare a fare dei movimenti con il collo, lo si può preparare iniziando a fare dei movimenti con gli occhi: senza muovere la testa, si può portare lo sguardo a destra e sinistra, in alto e in basso e si possono fare dei piccoli cerchi con gli occhi in senso orario e antiorario, il tutto dolcemente. Poi, sempre senza forzare, si può girare la testa verso destra e sinistra; si può cercare di inclinarla di lato, come a voler toccare con le orecchie le spalle, senza però alzarle, e si può mobilizzare ulteriormente il collo, cercando di fare dei piccoli cerchi con la punta del naso, sempre dolcemente e senza forzare. Ogni esercizio va fatto dalle tre alle cinque volte e quindi si passa a quello successivo.  

Per rimettere in moto le mani irrigidite al mattino, si possono fare degli esercizi tenendole immerse nell’acqua tiepida, iniziando con piccoli movimenti che gradualmente possono aumentare di ampiezza e ci si può aiutare  delicatamente con l’altra mano.

4) L’ALIMENTAZIONE

E’ da prediligere una dieta alcalinizzante e vanno evitati, perchè producono un eccesso di scorie acide, lo zucchero, in particolare quello raffinato bianco e i prodotti che lo contengono come dolci e bibite, alcolici e caffè, pane e pasta raffinati, da preferire quelli integrali, stando attenti se è presente un’intolleranza al glutine o anche al solo frumento, non bisogna eccedere con le carni e vanno evitati gli insaccati e la carne conservata, da evitare i prodotti ricchi di grassi e i fritti che sono dannosi e pro-infiammatori, i formaggi  stagionati soprattutto di mucca, da preferire quelli freschi di capra e pecora. Va privilegiata una dieta ricca di verdure e frutta, da assumerne almeno in cinque porzioni al giorno, evitando però, soprattutto se si è in fase di infiammazione, le verdure solanacee, quali peperoni, melanzane, pomodori (in particolare se verdi e fuori stagione) e le patate (in particolare se verdi, e mai mangiarne la buccia). Via libera quindi ai cereali integrali, ad esempio il riso anche nelle sue varietà rosso (che ha inoltre un’azione ipocolesterolemizzante) o quello nero, il grano saraceno, l’amaranto, la quinoa e per chi non è intollerante al glutine, anche il farro, l’orzo, l’avena. Da assumere i legumi, tutte le verdure (ad eccezione delle solanacee) ed in particolare le crucifere cioè cavoli, broccoli, verze. Della frutta prediligere i frutti rossi, evitare la frutta acida come le arance o comunque non eccedere nel consumo, mentre è consigliato il limone, che ha un’azione alcalinizzante, in particolare al mattino in un bicchiere d’acqua a temperatura ambiente, iniziando con poche gocce per arrivare a mezzo limone, prima di colazione o se non tollerato, dopo colazione.  Al mattino al posto del latte, può essere assunto il tè verde possibilmente biologico, che ha proprietà antiossidanti.

Da prediligere fra i pesci, quello azzurro non di allevamento, quali gli sgombri, le sarde, sardine e le acciughe (chiamate a Trieste sardoni).    

Scegliere comunque se possibile alimenti senza conservanti e additivi (es. glutammati nei dadi da brodo e in altri alimenti, nitrati nelle carni), senza aromi di sintesi, non coltivati in zone inquinate e preferire prodotti provenienti da coltivazione biologica.  

FARMACI

I farmaci più usati nel trattamento dell’artrosi sono gli antinfiammatori (detti fans cioè farmaci antinfiammatori non steroidei), perché hanno un buon effetto antidolorifico. Il problema è che, a causa degli effetti collaterali, dovrebbero essere usati solo per periodi  brevi, mentre l’artrosi è una patologia cronica e quindi il rischio è di assumerli per periodi lunghi. Fra i diversi effetti collaterali, il più noto è quello lesivo dello stomaco, per cui si è costretti ad associarli con altri farmaci, i protettori gastrici, che però a loro volta, possono dare altri problemi, ma al di là degli effetti collaterali, soprattutto i fans non curano veramente l’artrosi. Ci sono studi infatti che hanno dimostrato che gli antinfiammatori inibiscono la produzione di collagene e quindi della cartilagine, favorendone la sua erosione. Farmaci più potenti dei fans sono i cortisonici, che come i fans devono essere prescritti dal medico, evitando assolutamente il fai da te, ma dati gli importanti e gravi effetti collaterali, nell’artrosi, in particolare per le persone anziane, è preferibile non usarli.  

 

LE CURE NATURALI PER L’ARTROSI

INTEGRATORI

Ci sono prove discordanti o non sufficienti sull’uso dei vari integratori nella cura dell’artrosi ed in particolare della cartilagine (condroprotettori). L’integratore che sembra avere maggiore efficacia, con degli studi documentati, è il solfato di glucosamina, una sostanza naturale che è il precursore dei componenti della cartilagine. Va assunto per lunghi periodi, anche a cicli. Rispetto ad altri integratori quali la condroitina o prodotti con cartilagini di squalo e simili, il solfato di glucosamina  è la molecola più piccola e viene assorbita con maggior facilità. 

Fra le varie vitamine, le più utili nell’artrosi sono la vitamina C che è essenziale nella produzione della cartilagine e la vitamine E che ha effetti antiossidanti ed è in grado di stimolare la produzione della cartilagine e di inibirne la degradazione. Sono anche importanti la vitamine A ed il gruppo delle vitamine B, oltre a diversi minerali. E’ preferibile assumere le vitamine con la dieta, ma in caso di carenza è necessario integrarle, sotto controllo medico e a cicli, stando attenti ad evitare sovradosaggi che possono essere nocivi.  

 

IMPACCHI, UNGUENTI E CREME

Nell’artrosi cronica bisogna riattivare il microcircolo capillare che si è ridotto, con conseguente ristagno di tossine acide e deficit di ossigeno e nutrienti nei  tessuti; a questo scopo si possono utilizzare unguenti e impacchi, quali:

IMPACCO DI ZENZERO: sulla parte da trattare si può appoggiare una pezza di cotone imbevuta in un infuso caldo di zenzero (due cucchiai colmi in mezzo litro d’acqua bollente), oppure si può usare lo zenzero fresco grattugiato o la polvere impastati con crema fluida, quindi coprire con un panno di lana o una borsa d’acqua calda.

UNGUENTI A BASE DI ZENZERO e CAPSICO o ROSMARINO E GINEPRO: in commercio si possono trovare questi prodotti, da spalmare con un massaggio delicato, due o tre volte al giorno.

OLI ESSENZIALI (O.E.): gli oli essenziali vanno usati con parsimonia (poche gocce) e preferibilmente diluiti in una base, quale ad esempio dell’olio da massaggio. Per l’artrosi possono essere usati in associazione l’olio essenziale di timo, zenzero, rosmarino, pino e lavanda. Nei dolori cronici una volta alla settimana può essere di giovamento un bagno in vasca d’acqua calda (circa 40°) in cui si sono aggiunti 2-3 cucchiai di bicarbonato, 1 kg di sale marino integrale e miscelate, in un po’ di panna da cucina, 20 gocce di O.E. di timo, 20 gocce di rosmarino e 20 gocce di pino.  

FITOTERAPIA

I fitoterapici sono dei preparati a base di piante medicinali, che possono essere di valido aiuto nella cura dell’artrosi. Ci sono diversi studi che ne hanno dimostrato l’efficacia (Evidence Based Medicine), in particolare per l’azione antinfiammatoria. E’ da ricordare che i fitoterapici, pur essendo una buona alternativa ai farmaci tradizionali, proprio perché contengono dei principi attivi con effetti farmacologici, possono presentare alcune controindicazioni, per cui si consiglia sempre di rivolersi ad un medico esperto, evitando il fai da te. E’ inoltre raccomandato l’uso di fitoterapici di alta qualità, in cui vengano  impiegate le giuste concentrazioni, e magari prodotti da ditte dedicate a questo tipo di preparati.

Tenendo conto di queste indicazioni, fra i diversi fitoterapici che si impiegano nell’artrosi vanno sicuramente ricordati l’Artiglio del diavolo (Harpagophytum procumbens), che secondo l’EBM è attivo nelle forme croniche degenerative dell’osteoartrosi, con poco effetto però nelle forme acute. E’ controindicato se si soffre di ulcera gastrica o duodenale e può interagire con gli anticoagulanti e altri farmaci. L’artiglio del diavolo può essere anche usato in associazione con l’Olmaria (Filipendula ulmaria)  che contiene salicilati, e ha un’azione antipiretica, antalgica, antinfiammatoria, e che per tale motivo viene anche chiamata “aspirina vegetale”. Un altro fitoterapico molto impiegato è la Boswellia o incenso indiano (Boswellia serrata) che, secondo diversi studi clinici, per la sua azione antinfiammatoria, è indicata nell’artrosi, artrite reumatoide, rettocolite ulcerosa, bronchite asmatica.

Nelle fasi di riacutizzazioni si può impiegare il Salice (Salix alba), fra i cui principi attivi ci sono i glicosidi saliciliati, quali la salicina, salicortina e altri che sono dei profarmaci, trasformati dalla flora intestinale e poi ossidati nel sangue e nel fegato in acido salicilico (l’aspirina naturale). Le azioni sono di tipo antinfiammatoria, contro la febbre, anticoagulante e le indicazioni EBM riguardano la lombalgia, l’osteoartrite, la cefalea. Ad azione antinfiammatoria è anche il Ribes nero (Ribes nigrum) che ha un effetto similcortisonico, anche se ovviamente non così potente.

Molto impiegata è la Curcuma, sempre in associazione con il pepe per renderla assimilabile, con effetto antiossidante e protettivo sulle articolazioni.

OMEOPATIA

L’omeopatia non può rigenerare una cartilagine distrutta, ma può ridurre la sintomatologia dolorosa e contrastarla. Come in ogni affezione cronica, il trattamento omeopatico comporterà rimedi sintomatici, cioè ad azione locale, superficiale o breve, e rimedi di fondo, ad azione molto più profonda sul terreno (cioè specifici per la singola persona), per questo tipi di rimedi si consiglia di rivolgersi ad un medico omeopata esperto.  

La decisione sul tipo di rimedio sintomatico può essere fatta in base al tessuto colpito (es. tendini) o alle diverse localizzazioni articolari, ma ci sono dei rimedi che si scelgono in base alla specifica modalità dei dolori articolari in funzione essenzialmente del movimento/riposo e del calore/freddo.

Fra i rimedi sintomatici, quando è presente un dolore che si aggrava con l’immobilità e il freddo umido, ed è accompagnato da rigidità dolorosa all’inizio dei movimenti e che migliora invece con il movimento progressivo e con il caldo e secco, si può assumere Rhus Toxicodendron che è indicato proprio per le manifestazioni reumatiche con rigidità dolorosa e nella lombalgia da sforzo.  Per i dolori articolari provocati e mantenuti dal freddo umido, aggravati dall’immobilità, con possibile alternanza con tra disturbi reumatici e diarrea, si può impiegare la Dulcamara. Per il dolore invece che si aggrava con il minimo movimento e migliora con immobilità assoluta, la pressione forte, il calore locale ma in un ambiente fresco, si può usare la Bryonia, che è il tipico rimedio delle membrane sinoviali articolari, con l’articolazione che diventa rossa, calda, edematosa, molto sensibile al tatto e allo sfioramento, con dolori acuti, pungenti, accompagnati da sensazione di sete, secchezza delle mucose ed essudazione delle sierose. Può essere associata ad altre cure anche nelle sindromi influenzali con sete intensa, tosse e artralgie aggravate dal movimento o nell’artrite acuta con versamento articolare.

Per l’artrosi che presenta rigidità dolorosa al mattino, miglioramento durante la giornata e peggioramento alla sera, con possibile versamento sinoviale, si possono associare: Rhus al mattino e Bryonia alla sera.

Da ricordare anche Apis mellifica nella reazione essudativa delle membrane sierose, quando l’articolazione edematosa è accompagnata da dolori acuti, pungenti, trafittivi e brucianti (che ricordano un po’ la puntura d’ape), il dolore aumenta con il tatto e la pressione sulla parte, migliora con applicazioni fredde, non c’è senza sensazione di sete. Apis è simile a Bryonia per l’effetto sulle sierose, ma ha una modalità opposta perché Bryonia migliora con calore. E’ possibile prescriverli in alternanza.

MESOTERAPIA

I rimedi omeopatici si possono usare con beneficio, anche in associazione, nella biomesoterapia, per ridurre i dolori localizzati alle articolazioni, quali ad esempio ginocchia, spalle, rachide, dita delle mani e dei piedi. Con piccoli aghi molto sottili, lunghi pochi millimetri, vengono infiltrate le zone dolenti. Il trattamento in genere è eseguito una volta alla settimana e dopo una fase iniziale, ogni due settimane, ma in fase acuta, sono possibili anche due sedute alla settimana. In mani esperte, è una pratica sicura senza effetti secondari, che può dare degli ottimi risultati.