Il voler distinguere le cause delle malattie in componenti psichiche e somatiche, anche se per alcuni scopi di studio può essere utile, in realtà non fa che perpetuare il dualismo psiche-soma, mentre ormai è ampiamente dimostrato che non esiste un divario tra due realtà ritenute distinte. L’intero corpo umano può essere visto come una rete interdipendente di sistemi che portano informazioni (genetico, ormonale, immunitario…).
Ognuno di questi sistemi possiede i propri codici ma riesce a comunicare e ad interagire con gli altri grazie ad un meccanismo detto di trasduzione, che permette il trasferimento di informazioni di diverso tipo da un sistema ad un altro.
Il principale trasduttore nel nostro organismo è il sistema limbico-ipotalamico. L'ipotalamo, centro focale del sistema limbico, è costituito da importanti nuclei di regolazione o centri di trasduzione psiche-corpo, che integrano attività sensoriali/percettive, emotive e cognitive della psiche con l'organismo. Tali centri sono responsabili di funzioni fondamentali quali la sete, fame, temperatura, ritmo cardiaco, pressione arteriosa, sesso, etc.
Le cellule all’interno dell’ipotalamo trasducono gli impulsi neurali del cervello, principalmente elettrochimici, in molecole messaggere ormonali del sistema endocrino. Così gli stimoli elettrici delle emozioni, della memoria, etc. diventano molecole capaci di portare informazioni in altre zone del corpo attraverso il sistema sanguigno. Questa via di comunicazione è a doppio senso: la mente può modulare il corpo, e il corpo può modulare la mente.
Uno dei precursori di tali studi è stato il fisiologo austriaco Hans Selye che dopo lunghe ricerche (1936, 1976) dimostrò che lo stress fisico o mentale viene trasdotto in problemi psicosomatici tramite il sistema ormonale ipotolamo-ipofisi-surreni e chiamò questo processo di trasduzione “sindrome generale di adattamento”. Come noto egli per primo usò il termine “stress” mutuandolo dalla metallurgia, per indicare un’interazione tra l'individuo e l'ambiente che provoca degli effetti nell’individuo stesso: “Lo stress è la risposta strategica dell'organismo nell'adattarsi a qualunque esigenza, sia fisiologica che psicologica, a cui venga sottoposto. In altre parole, è la risposta aspecifica dell'organismo a ogni richiesta effettuata su di esso”.
Più che il tipo di agente stressante, quello che conta maggiormente è la capacità di adattamento dell’individuo. Se egli non riesce a far fronte alle richieste ambientali si verifica una situazione di distress (stress negativo) con alterazioni dello stato di equilibrio e conseguenze fisiche e psichiche anche molto gravi, in casi di protratta esposizione a fattori stressanti. Se invece la persona, nonostante l’impegno percepisce sensazioni di piacere e di gratificazione, si parla di eustress (stress positivo) che può migliorare la vita e lo stimolo potrà agire come rinforzo positivo per simili situazioni future.
La base psicobiologica della distinzione tra emozioni negative e positive suscitate dallo stress è stata studiata da diversi ricercatori (Holroyd, Lazarus, Folkman) che hanno trovato una significativa differenza se l’evento è interpretato come una minaccia (stress) o come una sfida (eustress).
Nella minaccia il Sistema nervoso simpatico stimola la midollare dei surreni, con aumentano delle catecolamine (adrenalina, noradrenalina), mentre per stimolazione invece della corteccia surrenalica da parte dell'ormone ipofisario ACTH, vengono rilasciati glucocorticoidi (cortisone, cortisolo) con effetti a cascata su altri organi e apparati.
Si è visto invece che nella sfida si verificherebbe solo l’aumento delle catecolamine e non di cortisone e cortisolo (chiamato non a caso l’ormone dello stress).
La reazione allo stress inizia dunque nel cervello, quando dal sistema sensoriale, ad esempio la vista o l’udito, viene trasmesso un messaggio, attivando la formazione reticolare ascendente, il talamo ed il sistema limbico. Il talamo, che agisce da filtro alle afferenze sensoriali (è quello che ci permette di concentraci a leggere anche in una stanza un po’ rumorosa), stimola l’ipotalamo, che attiva il sistema nervoso simpatico e il sistema endocrino, mentre si riduce l'attività parasimpatica.
Grazie all'attivazione simpatica, entro 2 – 3 secondi dallo stimolo stressogeno percepito, c'è un rilascio immediato di catecolamine.
Dopo 20-30 secondi si verifica una risposta intermedia, con rilascio delle catecolamine ed endorfine da parte della midollare surrenale che potenziano gli effetti dei neurotrasmettitori prodotti dal sistema nervoso simpatico.
Se lo stimolo persiste dopo alcuni minuti inizia una risposta prolungata che può durare settimane, con rilascio di ormoni ipofisari che modificano i processi metabolici (con stimolazione ad esempio della tiroide).
La possibilità di una risposta immediata ad un agente stressante, da parte dell'organismo è un'antica reazione di sopravvivenza, per cui di fronte ad un pericolo l'uomo è in grado di combattere o fuggire, avviando la reazione di attacco o fuga (in realtà è possibile anche un altro tipo di reazione –di congelamento- ma che ci porterebbe troppo lontano).
In pratica grazie ad un sistema di connessioni tutto l’organismo subisce delle modificazioni.
Viene potenziata l'azione di cuore, muscoli e cervello, con maggior apporto di ossigeno e glucosio per una pronta ed efficacie reazione motoria.
A livello del sistema cardiovascolare aumentano la frequenza, la gittata cardiaca, la dilatazione coronarica, la pressione arteriosa, la vasocostrizione periferica.
Il sangue viene convogliato dagli organi interni e dalla cute ai distretti muscolari con aumento del tono muscolare.
C'è un aumento delle contrazioni della muscolatura liscia, broncodilatazione, aumento della traspirazione e diminuzione della temperatura cutanea.
Le sostanze nutritive immagazzinate vengono convertite in glucosio disponibile per i muscoli, con iperglicemia, aumento dei livelli ematici di acidi grassi liberi e colesterolo.
A livello dell'apparato digerente compare bocca secca, contrazioni dell’esofago, aumento di secrezione acida gastrica, modifiche della peristalsi.
Per effetto dei corticosteroidi, nello stress prolungato, si verifica la riduzione dell'attività immunitaria, con possibili conseguenze anche gravi.
Anche a livello psichico ci sono delle alterazioni: aumenta la reattività con diminuzione dei tempi di latenza, aumenta la capacità di ragionare, si evidenziano aggressività ed ansia.
Le catecolamine dunque mettono l'organismo in condizioni di fronteggiare una situazione altamente stressante improvvisa o di breve durata e inducono il cosi detto periodo di allarme nella risposta allo stress.
Al contrario i glucocorticoidi, prodotti dalla corticale del surrene, sostengono l'organismo in situazioni di stress prolungato, agendo soprattutto durante il periodo di resistenza nella risposta allo stress. Se riescono a proteggere l'organismo, il problema alla fine si risolve senza postumi permanenti dell'organismo, ma se lo stress persiste per lungo tempo, le conseguenze possono essere molto gravi, con esaurimento della risposta allo stress, e possibile morte dell’individuo.
Dai primi studi sullo stress, la ricerca è progredita e ora si usa correntemente il termine di Psico-Neuro- Endocrino-Immunologia (PNEI) per indicare la rete di interconnessione dei sistemi informazionali sopra descritta. Un ulteriore passo avanti è stato fatto, quando si è scoperto che oltre ai classici neurotrasmettitori, ci sono numerose altre sostanze informazionali, fra i quali i neuropeptidi, identificati all'inizio come ormoni, peptidi dell'intestino e fattori di crescita. La neurofisiologa Candace Pert (1985) e i suoi colleghi hanno individuato accanto alle endorfine, oltre 50 neuropepetidi, in grado di modificare anche il comportamento e l'umore. I neuropeptidi, filamenti di aminoacidi, sono attivi in tutte le cellule del corpo, sistema nervoso, sangue, intestino, sistema immunitario, grazie anche alla specificità dei recettori, che sono risultati essere la chiave fondamentale in processi di interazione così complessi. Uno dei dei maggiori studiosi della neuropsicofisiologia, l'americano Ernest Lawrence Rossi, ha così potuto formulare: “I neuropeptidi e i loro recettori uniscono il cervello, le ghiandole e il sistema immunitario in una rete di comunicazione tra cervello e organismo, la quale rappresenta probabilmente il substrato biochimico dell'emozione”.
La risposta all'evento stressante non è uguale per tutti e situazioni di distress per un individuo, possono essere divertenti per un altro. E’ stato dimostrato infatti che a parità di stimolo, gli individui rispondono in maniera diversa, perchè la reazione allo stress è elaborata attraverso processi cognitivi e il fattore più importante sembra essere il grado di controllo percepito: è stato scoperto che più ci si sente efficienti e capaci ad affrontare le problematiche, più basso è il livello delle catecolamine e meno viene avvertito lo stress (Bandura).
Nella nostra vita non è possibile evitare lo stress, e Seyle diceva: “la completa libertà dallo stress è la morte. Contrariamente a quanto si pensa di solito, non dobbiamo, e in realtà non possiamo, evitare lo stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace e trarne vantaggio imparando di più sui suoi meccanismi, e adattando la nostra filosofia dell’esistenza ad esso”.
La capacità di far fronte allo stress appare come uno dei fattori più importanti nella psicobiologia della salute e della malattia (Gentry). Ciò suggerisce un principio fondamentale della terapia psicobiologica (Rossi): “Trasforma lo stress negativo nella positiva esperienza di affrontare una sfida”.