Questo sito impiega cookie come descritto nella informativa. Continuando la navigazione si esprime consenso a tale impiego

Argomenti collegati

sovrappesoUn’altra condizione di particolare pericolosità per la salute è l’eccesso di peso, situazione questa che colpisce larga parte della popolazione.

Un’altra condizione di particolare pericolosità per la salute è l’eccesso di peso, dovuto all’aumento del tessuto grasso, situazione questa che colpisce larga parte della popolazione.

Ma cos’è il tessuto grasso? Il tessuto grasso, detto adiposo, è un tipo di tessuto connettivo composto da cellule chiamate adipociti che sono in grado di riempirsi di grasso, fungendo da deposito energetico.

Non è un tessuto inerte, che serve solo ad isolarci dal freddo e a proteggere gli organi interni, ma può essere considerato con le funzioni di un organo, in grado di produrre varie sostanze, tra cui enzimi, sostanze infiammatorie ed ormoni, che possono alterare il metabolismo e favorire l’insorgenza di diverse patologie. 

Come possiamo dire che una persona è in sovrappeso e soprattutto come è possibile quantificare il problema? Il sistema che viene impiegato è l’utilizzo dell’Indice della Massa Corporea (IMC) o più conosciuto come Body Mass Index (BMI).  Il BMI è calcolato dividendo il peso espresso in chilogrammi del soggetto, per la sua altezza al quadrato, espressa in metri. Ad esempio per una persona alta 1 metro e 80 che pesa 90 kg, dovremo dividere 90 per 3,24 (che è il quadrato di 1,80), ottenendo così un BMI di 27.7, che se guardiamo la tabella sotto riportata corrisponde a una condizione non di obesità ma di sicuro sovrappeso.

Tabella BMI (o IMC)

BMI     < 18,5                          Persona sottopeso 

BMI     tra 18,5 e 24,9             Peso normale

BMI     tra 25 e 29,9               Sovrappeso    

BMI     tra 30 e 34,5               Obesità di 1° grado

BMI     tra 35 e 39.9               Obesità di 2° grado

BMI     > di 40                         Obesità di 3° grado

Il problema dell’eccesso di peso non è solo una questione puramente estetica, ma riguarda il rischio dell’instaurarsi di diverse malattie, quali patologie cardiovascolari, metaboliche come il diabete, alcuni tumori, alterazioni osteoarticolari e altre ancora.

Queste problematiche non sono dovute semplicemente agli effetti dell’aumento del peso di per sé stesso, quanto ad importanti e complesse alterazioni del metabolismo e processi infiammatori, indotti dal tessuto grasso.

Ovviamente più alto è il valore del BMI e più alto sarà il rischio di ammalarsi.

A livello cellulare si è visto che l’elevato accumulo di grassi (trigliceridi) porta ad un certo punto ad un tale aumento del volume degli adipociti, da determinarne la morte con conseguente produzione di scorie. Per eliminare questi detriti cellulari si attivano quindi i macrofagi, cellule con funzione di spazzino, qui presenti in grande quantità.

Si innesca così una sorta di reazione da corpo estraneo, con una vera e propria azione infiammatoria di difesa, che perpetuandosi nel tempo determina un costante aumento dei livelli di infiammazione sistemica di basso livello, così detta silente, la cui conseguenza è rappresentata dall’instaurarsi della sindrome metabolica e a seguire dalle altre e più importanti patologie sistemiche.

Queste alterazioni non si sviluppano allo stesso modo in tutto il tessuto adiposo.

Esistono tre tipi di grasso corporeo con diverse capacità di azione: quello sottocutaneo, quello chiamato erroneamente “cellulite” e il grasso addominale. Si è scoperto che il più pericoloso è proprio quest’ultimo e infatti fra i parametri per il rischio cardiovascolare (ma abbiamo visto anche di altre malattie), viene considerata la misura della circonferenza dell’addome, che non  dovrebbe superare gli 88 cm nella donna e i 102 cm nell’uomo.

Questo grasso si accumula specificatamente a livello viscerale, concentrandosi attorno agli organi all’interno della cavità addominale. L'eccesso di grasso viscerale oltre ad aumentare direttamente il rilascio di sostanze pro-infiammatorie, è in stretta connessione con la vena cava che arriva al fegato, con conseguente eccessivo apporto di sostanze energetiche, intossicazione epatica e  successiva produzione di sostanze da parte del fegato, che aumentano ulteriormente l’infiammazione e la coagulazione del sangue.

Ad aggravare la situazione si è scoperto che il tessuto adiposo degli obesi produce, fra le varie sostanze, grandi quantità di leptina, però poco funzionante. La leptina è una proteina (adipochina), prodotta normalmente dal tessuto grasso che ha la funzione di farci avvertire la sazietà, bloccare quindi l’assunzione degli alimenti e aumentare il consumo energetico. Il suo cattivo funzionamento fa sì che continuiamo a sentire il bisogno di cibo anche quando non ne avremmo bisogno.

Il tessuto grasso inoltre quando è infiammato, produce anche grandi quantità di resistina (prodotta anche dai macrofagi) che innalza la resistenza all’azione dell’insulina.

L’insulina viene prodotta dal pancreas, e la sua principale azione è quella di favorire l’immagazzinamento delle sostanze nutrienti nei depositi. La sua attività più nota si verifica in presenza di un alto livello di zuccheri nel sangue (glicemia), che trasferisce nei depositi, contribuendo a mantenere in livello della glicemia entro i livelli fisiologici.

Nel tessuto adiposo l’insulina favorisce l’assorbimento del glucosio e degli acidi grassi, favorisce l’immagazzinamento dei trigliceridi aumentando i depositi adiposi e inibendo la degradazione dei grassi e bloccando lo svuotamento degli adipociti.

A livello del fegato aumenta la produzione di glicogeno (una grande molecola – polisaccaride- composta da molte molecole di glucosio, che costituisce il modo in cui questo viene conservato), trigliceridi, colesterolo e proteine.

Nel muscolo l’insulina favorisce l’assorbimento degli aminoacidi e la produzione di proteine e anche qui aumenta l’immagazzinamento degli zuccheri sotto forma di glicogeno.

 

Se l’azione dell’insulina viene bloccata, aumentano i livelli degli zuccheri nel sangue che non riescono ad entrare nei depositi, oltre ad alterarsi tutte le altre sue funzioni.

La resisitina (anche in assenza di alti livelli della glicemia) è in grado di aumentare i depositi grassi e la sua attività è rinforzata dall’azione della visfatina, che si attiva soprattutto in condizioni di scarsa presenza di ossigeno (ipossia) e iperglicemia, con successiva attivazione del sistema immunitario e dell’infiammazione (linfociti B) con incremento della resistina stessa.

Si è ipotizzato che il significato di questo meccanismo sarebbe di permettere al corpo, che si trova in uno stato d’infiammazione, avvertito come pericolo perché l’individuo è stato ferito o si è ammalato, di mettere in atto un sistema per cercare di salvare i depositi energetici, non essendo in grado di procurarsi il cibo.

Il problema è che in questo caso, continuando con comportamenti errati e cattive abitudini alimentari, la situazione si protrae e ci si trova in un circolo vizioso con disfunzioni metaboliche e uno stato infiammatorio generalizzato.   

In conclusione l’accumulo di grasso e l’infiammazione sono dei meccanismi strettamente collegati e per affrontarli impostare delle diete basate solo sul conteggio e sul consumo delle calorie è certamente un approccio superato. L’obiettivo dovrebbe invece essere quello di mirare ad abbassare il livello dell’infiammazione, modificando il proprio stile alimentare e di vita.